1
2
Lo studio dei toponimi legati alla presenza del melo e della sua coltivazione fornisce una delle tracce storiche più interessanti per poter introdurre la breve storia della mela del Friuli Venezia Giulia. Oltre settanta toponimi sono sorprendentemente diffusi in maniera omogenea su tutta la superficie regionale e numerosi di essi sono declinati in fiulano. Verso i confini con Austria e Slovenia si trovano molti esempi di toponimi in lingua slovena e tedesca.

I primi grandi produttori di mele in Friuli furono i romani; può sembrare una banalità ma non lo è affatto perché il sistema di produzione dei romani era preciso, meticoloso, puntuale e tecnicamente molto avanzato.
I romani avevano intuito che c’erano tutte le condizioni ambientali e climatiche per poter produrre una mela di qualità e la creazione della prima varietà di mela autoctona friulana si deve a loro.
Distribuzione territoriale dei toponimi legati alla produzione della mela.
Venne chiamata mela “maziana” dal nome del suo costitutore, Caio Mazio, un grande appassionato di arboricoltura fra i principali protagonisti della fondazione dell’agro aquileiese.
Il prodotto arrivava fino a Roma e si distingueva per la sua apprezzata qualità tanto che le mele maziane vennero notate e citate nei loro scritti da Ateneo, Columella e Plinio il Vecchio. Possiamo quindi ritenere che non si trattava di una produzione tutt’altro che di nicchia.
Ad Aquileia (città emporiale dell’area danibiana seconda solo a Roma) è custodito un mosaico pavimentale del I° secolo a.c. che è stato rinvenuto poco distante dalla basilica di Aquileia: l’Asaraton.
Esso raffigura i resti alimentari di un tipico pasto di una famiglia patrizia che visse nella villa romana dove venne rinvenuto.
La mela del Friuli Venezia Giulia nai mosaici aquileiesi del I° sec. A.C.
Era infatti tradizione lasciare sul pavimento della sala triclinare i resti del pasto. Per questo motivo vi vediamo raffigurate nocciole, olive, fragole, del pesce e quattro mele, o meglio, tre mele e una melagrana.
Vista l’epoca alla quale risale il mosaico, che coincide con la presenza di Caio Maio sul territorio dell’agro aquileiese, queste mele potrebbero essere proprio le “maziane”.
Nel tempo il susseguirsi delle vicissitudini storiche ridusse drasticamente la frutticoltura e la presenza di questa coltivazione.
Nuove tracce delle mele friulane le ritroviamo in altre opere d’arte dove spesso gli artisti hanno voluto legare le loro rappresentazioni al territorio, come ha fatto Giovanni Maria Zaffoni, detto Calderari (allievo del Pordenone). In uno dei suoi affreschi, databile 1560 e situato nella chiesa di San Rocco a Montereale Valcellina (PN), dove dipinse una rappresentazione sacra intitolata “La nascita della Madonna”, sono stati raffigurati i prodotti della terra che quel territorio in quell’epoca esprimeva. Si vedono raffigurate le ciliegie, le pere, l’uva e le mele.
Ma si ritrova traccia della mela anche nelle poesie di Niccolò Morlupino, poeta friulano nato a Venzone nel 1528 e morto nel 1570, che ha intitolato una poesia ad una ragazza di nome Pizia e nell’ultimo capoverso recita “Pizia mia lisciotta come un ghiro, colorita come una mela carnica, dritta come un bel manico di spuntone da chiatta”.
La mela del Friuli Vnezia Giulia negli affreschi
di Giovanni Maria Zaffoni nel 1560
(Chiesa di S. Rocco a Montereale Valcellina - PN).
Epulario (1489): La raccolta delle ricette di Maestro Martino cuoco dei Patriarchi d'Aquileia Ludovico Trevisan e Guarnerio d'Artegna.
Al di là di un romanticismo a dir poco bizzarro, notiamo la citazione alla mela carnica che già all’epoca godeva di notevole rinomanza.
Importanti informazioni riguardanti il patrimonio di tradizioni e cultura friulana si evince dall’analisi delle abitudini e delle tradizioni gastronomiche. Diverse sono le testimonianze dell’uso della mela in cucina che provengono da ricettari aquileiesi, dai casati nobiliari e dai conventi. Importantissimo è il ricettario risalente alla metà del ‘400 di Maestro Martino da Como, cuoco dei Patriarchi di Aquileia Ludovico Trevisan e Guarnerio d’Artegna. Egli aveva facoltà di spendere quotidianamente venti ducati (attuali 500 Euro) per imbandire la tavola patriarcale e invento’ molte delle specialità gastronomiche che ancor oggi sono alla base della cucina tradizionale friulana, comprese le frittelle di mele.